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Diagnosi genetica preimpianto e stato di salute degli embrioni

L’importanza di analizzare la componente cromosomica Le coppie con età materna avanzata o aborti alle spalle

L’ultimo report ISTAT ha con­fermato come l’Italia sia un Pae­se a forte denatalità, con notevo­li ripercussioni socioeconomi­che. Attualmente, circa il 2% del­le nascite sono dovute alla fe­condazione in vitro che è una percentuale molto bassa. Si ca­pisce come l’osteggiare tale pro­cedura, soprattutto quando la donna ha più di 37 /38 anni, por­terebbe inevitabilmente a un ul­teriore decremento. C’è poi l’in­cognita legata alla sicurezza in epoca Covid-19, anche se diver­se strategie sono state adottate dai centri di riproduzione assi­stita per rendere la procedura la più sicura possibile1 in linea con quanto raccomandato dalle so­cietà scientifiche italiane e stra­niere: test antigienici rapidi, scheda triage, distanziamento ed eventuale trasferimento diffe­rito degli embrioni.
Rassicuranti sono anche i dati sulla trasmissione verticale del­la malattia (da madre malata a feto) che indicherebbero come solo raramente questo evento possa avvenire.
Come sappiamo, la diminu­zione delle nascite è dovuta all’infertilità di coppia, in co­stante crescita; così come all1 au­mento dell’ età di concepimento della donna. Diverse pubblica­zioni scientifiche internazionali hanno sottolineato come, in coppie nelle quali l’età della donna superi i 40 anni, il trattamento di fecondazione in vitro debba essere considerato al pari di un’urgenza e, quindi, non differibile, aoche in epoca Covid-19. Scientificamente è accertata come la riuscita della fecondazione, sia naturale sia in vitro, diminuisca con il progredire dell’età materna ( dopo i 36/37 anni) a causa dell’aumento delle anomalie genetiche degli ovociti e quindi degli embrioni che da essi derivano.
L’impianto embrionario è de­terminato, infatti, essenzialmen­te dal trasferimento, all’interno dell’utero, di una blastocisti sa­na geneticamente ( euploide) su un endometrio sincrono e recet­tivo. Molteplici studi internazio­nali hanno evidenziato che a un’urgenza e, quindi, non differibile, anche in epoca Co­vid-19. Scientificamente è accer-che embrioni bellissimi, dal punto di vista morfologico, pos­sono essere alterati genetica­mente nel loro assetto cromoso­mico (aneuploidi) e, quinodi, o non impiantarsi o dare esito in aborto con conseguente falli­mento della tecnica di Pma. Esi­stono, poi, particolari coppie a rischio per le anomalie cromo­somiche, come riconosciuto in­ternazionalmente dalle linee guida della Società Europea del­la Riproduzione Umana, per le quali viene consigliato forte­mente l’esecuzione della cosiddetta «diagnosi genetica preim­pianto», ossia quella tecnica in grado di analizzare, senza alcun rischio, la componente cromo­somica degli embrioni.
Stiamo parlando di coppie con età materna avanzata ( oltre 36/37 anni compiuti), di quelle con almeno due/tre aborti alle spalle, coppie con ripetuti falli­menti d’impianto con tecniche Pma, con infertilità maschile se­vera, con pazienti portatori di anomalie genetiche nella map­pa cromosonica. In queste cop­pie, le anomalie genetiche embrionarie o non consentono il raggiungimento dello stadio fi­siologico dell’impianto con con­seguente degenerazione o si producono blastocisti anomale geneticamente che la natura può far sfociare in aborti.
Ecco perché è importante, co­me riconosce, del resto, la leg­ge, conoscere lo stato di salute dei propri embrioni, come spie­ghiamo in dettaglio, a parte, in questa pagina.
Il professor Ermanno Greco, della Casa di Cura Villa Mafal­da, a Roma, precisa, in proposi­to, che «le percentuali di succes­so cieli’ eterologa con ovociti congelati, dopo circa 500 casi ef­fettuati nel nostro Centro, sono del tutto sovrapponibili a quelle ottenibili con ovociti freschi, co­me dimostrato da una copiosa letteratura scientifica ioternazio­nale». Non si deve dimenticare, inoltre, il social freezing per tut­te quelle donne che non hanno ancora una progettualità ripro­duttiva, ma intendono conserva­re intatte le future possibilità ri­produttive grazie al congela­mento ovocitario.

L’impianto embrionario è de­terminato, infatti, essenzialmen­te dal trasferimento, all’interno dell’utero, di una blastocisti sa­na geneticamente ( euploide) su un endometrio sincrono e recet­tivo. Molteplici studi internazio­nali hanno evidenziato che a un’urgenza e, quindi, non differibile, anche in epoca Co­vid-19. Scientificamente è accer-che embrioni bellissimi, dal punto di vista morfologico, pos­sono essere alterati genetica­mente nel loro assetto cromoso­mico (aneuploidi) e, quinodi, o non impiantarsi o dare esito in aborto con conseguente falli­mento della tecnica di Pma. Esi­stono, poi, particolari coppie a rischio per le anomalie cromo­somiche, come riconosciuto in­ternazionalmente dalle linee guida della Società Europea del­la Riproduzione Umana, per le quali viene consigliato forte­mente l’esecuzione della cosiddetta «diagnosi genetica preim­pianto», ossia quella tecnica in grado di analizzare, senza alcun rischio, la componente cromo­somica degli embrioni.
Stiamo parlando di coppie con età materna avanzata ( oltre 36/37 anni compiuti), di quelle con almeno due/tre aborti alle spalle, coppie con ripetuti falli­menti d’impianto con tecniche Pma, con infertilità maschile se­vera, con pazienti portatori di anomalie genetiche nella map­pa cromosonica. In queste cop­pie, le anomalie genetiche embrionarie o non consentono il raggiungimento dello stadio fi­siologico dell’impianto con con­seguente degenerazione o si producono blastocisti anomale geneticamente che la natura può far sfociare in aborti.
Ecco perché è importante, co­me riconosce, del resto, la leg­ge, conoscere lo stato di salute dei propri embrioni, come spie­ghiamo in dettaglio, a parte, in questa pagina.
Il professor Ermanno Greco, della Casa di Cura Villa Mafal­da, a Roma, precisa, in proposi­to, che «le percentuali di succes­so cieli’ eterologa con ovociti congelati, dopo circa 500 casi ef­fettuati nel nostro Centro, sono del tutto sovrapponibili a quelle ottenibili con ovociti freschi, co­me dimostrato da una copiosa letteratura scientifica ioternazio­nale». Non si deve dimenticare, inoltre, il social freezing per tut­te quelle donne che non hanno ancora una progettualità ripro­duttiva, ma intendono conserva­re intatte le future possibilità ri­produttive grazie al congela­mento ovocitario.

TECNICA/1
Elevate le possibilità di gravidanza
Embrioni prima congelati, poi trasferiti nell’utero materno

L’articolo 14, comma 5, legge 40/2004, con­sente, alle coppie che si sottopongono alla Pma, il diritto di conoscere lo stato di salute dei propri embrioni prima che questi vengano trasferiti nell’utero materno. La tecnica di analisi cromo­somica degli embrioni, mediante Ngs (Next gene­ration sequencing), consente di valutare non so­lo tutti i cromosomi dell’embrione, ma anche il Dna mitocondriale, ovvero la centrale energeti­ca che ha un ruolo fondamentale nello sviluppo embrionario e poi fetale. La diagnosi preimpian­to viene effettuata a livello di blastocisti, prele­vando 5/10 cellule dal trofoectoderma (ossia da quel tessuto che darà origine alla placenta) e che sono geneticamente identiche a quelle embrio­narie. Questo tipo di biopsia, non essendo fatta direttamente sull’embrione come si faceva una volta, non ha alcun impatto negativo sull’impian­to dello stesso. Molti studi scientifici internazio­nali evidenzia che, a prescindere dall’età della donna, il trasferimento di una «unica blastocisti sana» consente di ottenere elevatissime probabi­lità di gravidanza, con una percentuale di aborto massima del 10-15% e con un rischio di gemellarità non superiore al 4%.
La percentuale di errore della tecnica è inferio­re all’ 1% ed è consigliata per le donne che pre­senta□□ un’elevata capacità di produrre ovociti con la stimolazione ormonale. Si è scoperto co­me le anomalie dei cromosomi degli embrioni siano per l’80% di origine femmioile, mentre il restante 20% è di origine maschile, soprattutto in caso di gravi alterazioni del liquido seminale.
La diagnosi genetica preimpianto può essere utilizzata anche per ottimizzare le percentuali di successo del trasferimento siogolo di un embrio­ne, soprattutto in donne con età avanzata io cui la gravidanza gemellare esporrebbe troppo a complicazioni ostetriche, a esempio1 nei proto­colli di ovodonazione. Nei programmi di diagno­si genetica preimpianto il transfer è differito per motivi medici: gli embrioni vengono congelati e poi trasferiti, e questo può costituire un ulteriore vantaggio in epoca Covid-19 perché permette di farlo quando la curva del contagio è più bassa, evitando rischi durante la gravidanza che co­munque sono stati dimostrati solo in rari casi.

TECNICA/2
La «cura» del freddo per gli ovociti
Il processo di «Vitrificazione» e la fecondazione in vitro

Combattere l’iovecchiamento ovocitario è oggi possibile grazie alle moderne tecniche di congelamento. In particolare, attraverso un particolare processo, detto vitrificazione, è og­gi possibile mantenere nel freddo i propri ovo­citi, senza che essi si alterino, ma con altissime percentuali di sopravvivenza e, quiodi, di sfrut­tamento al loro scongelamento, visto che la percentuale è circa dell’85%. Pertanto, anche se l’età della donna inesorabilmente è andata troppo avanti, ovvero con il superamento dei 37 /38 anni, non si deve disperare, perché è possibile attingere a questa preziosa riserva per poter concepire con alte possibilità di suc­cesso. Il tutto, purché sia fatto sempre attraver­so la procedura lesi di fecondazione in vitro. Esiste un’età adatta per preservare al meglio la propria fertilità? Di solito, l’ideale è con una carta anagrafica inferiore ai 35 anni, perché, generalmente, è il momento nel quale sia il numero sia la qualità genetica degli ovociti è ancora ottimale. Studi scientifici internaziona­li ribadiscono l’efficienza e la sicurezza della tecnica di vitrificazione. Il decorso ostetrico delle gravidanze non sembra differire da quel­la che si ottiene con ovociti freschi. Inoltre, aspetto non secondario, i bambini nati, fino a ora, a seguito del congelamento ovocitario1 non presentano una maggiore incidenza di pa­tologie genetiche o fenotipiche rispetto alla po­polazione generale.
Chiaramente, il congelamento ovocitario può essere rivolto non solo per combattere il normale processo di invecchiamento, ma an­che in casi di particolari patologie che posso­no inficiare la quantità e la qualità degli ovoci­ti, come quelle oncologiche e l’endometriosi. Questa ultima tecnica risulta, infatti, fonda­mentale anche per tutte le pazienti che hanno avuto dei tumori e che, dopo aver sconfitto malattie gravissime, vogliono mantenere iotat­ta la loro qualità di vita, io particolare quella riproduttiva.
Il vantaggio del congelamento ovocitario è anche quello di evitare la creazione di embrio­ni sovranmnerari che costituiscono, ovviamen­te, un problema etico, morale e giuridico.

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